Catania - Milano, ottobre 2009

(Chiara Lubich)

 

Proseguiamo, oggi, nella nostra riflessione su quelle linee-forza che hanno stagliato la spiritualità del Movimento dei Focolari.

Se grande e sconvolgente era stata la prima "illuminazione", nel pieno della seconda guerra mondiale, sull'Amore di Dio: "Sì, Dio ci ama immensamente", lo Spirito, che non lesina sorprese, condusse Chiara e le prime focolarine alla soglia di un mondo fino ad allora "tabù" per il "normale" cristiano: la Sacra Scrittura, il Vangelo.

Ecco come accadde. Chiara racconta: "La guerra infuriava ed occorreva portarsi nei rifugi molte volte al giorno. Nulla si poteva prendere con sé. Unico oggetto che non impacciava era il piccolo libro del Vangelo. Nel rifugio l'aprivamo e leggevamo quelle parole, tante volte sentite ripetere. Ed ecco che in quei momenti, per una particolare grazia di Dio, una luce nuovissima le illuminava"[1]. Era certamente questo un effetto del carisma donato da Dio a Chiara, il carisma dell’unità da cui ha avuto origine il Movimento dei Focolari.

Una tale visione del Vangelo non era però soltanto un incentivo a contemplare, a riflettere sulla ricchezza della Parola. "Il Vangelo - scrive Chiara - offriva Parole di vita, da potersi tradurre in vita"[2]. Quelle Parole erano vita e spingevano subito a vivere.

Occorreva subito passare all'azione, tanto che Chiara può scrivere: "Tutto il nostro impegno consisteva nel vivere la Parola. (...) E in noi provocava una rievangelizzazione"[3].

 

Questo, dunque, l'impatto della Parola di Dio su Chiara, le sue compagne e i suoi compagni dei primi tempi.

Ma ci fu, come c'è tuttora, qualcosa che caratterizzò la vita della Parola e ne fece un indispensabile strumento di nuova vita.

Non bastava vivere la Parola. Occorreva un passo più in là e il carisma lo rendeva insostituibile.

Bisognava: condividere gli effetti della Parola vissuta.

"Vivendo la Parola - capiva Chiara - si fanno molte esperienze, ma queste non restano a beneficio esclusivo della persona che ne è arricchita"[4].

Occorre comunicarle, scambiarle con altri, piccole o grandi che siano, perché tutte sono preziose, tutte sono Parola di Dio vissuta.

Ecco quindi configurarsi i primi incontri del Movimento come occasioni di testimoniare il Vangelo.

E il frutto di tutto questo? E' presto detto: la Parola vissuta e condivisa generava un popolo: la comunità cristiana. "Era il neonato Movimento dei Focolari sgorgato - come è stato detto autorevolmente - come polla d'acqua viva dal Vangelo"[5].

La sua identità è scolpita nella Parola, tanto che Chiara può affermare: "Dio non ha chiesto a noi per prima cosa di costruire lebbrosari, orfanotrofi, scuole ed altre opere di bene. (Queste le abbiamo anche noi, ma vengono dopo). Dio ci ha messo in mano il Vangelo (…), un modo di vedere e di capire il Vangelo adatto proprio a questi tempi. Nostro primo compito è donare questo Vangelo agli altri, annunziarlo, diffonderlo"[6].

La rivoluzione evangelica che ne è seguita cambiava i rapporti con Dio e con il prossimo. Persone che prima non si conoscevano, divenivano fratelli fino ad attuare fra loro la comunione dei beni spirituali e materiali. Si capì che "il Vangelo offriva la possibilità di un cristianesimo diverso: positivo, dinamico, attraente, sempre nuovo, che spingeva fortemente verso i fratelli, verso tutti gli uomini del mondo"[7].

 

Ma, ci chiediamo: come è considerata e vissuta oggi  nel Movimento dei Focolari la Parola di Dio? Quale il modo attuale di tradurla in vita?

 

"Come allora, anche ora – ha affermato Chiara - pensiamo che, per la nostra vita spirituale, in genere in mezzo al mondo, non è bene prendere in considerazione un lungo brano del Vangelo. Ognuno è troppo ricco. E allora si sceglie, per un dato periodo (ad esempio un mese), una frase dal senso compiuto (…) e si commenta nella maniera più facile perché sia compresa da tutti.[8].

E l'impegno di tutti coloro che si confrontano con la Parola è viverla, incarnarla nella vita di ogni giorno.

Per ciascuno di noi, la Parola è come un campanello d'allarme che di tanto in tanto risuona dentro e ci rimette sul giusto binario.

E’ l’alfabeto per imparare ad amare.
 

Certo, vivere la Parola è un rischio, perché di colpo ci può mettere controcorrente, in ogni ambiente. Ma porta con sé una forza nuova. E facciamo sempre di nuovo l'esperienza che il Vangelo è vero, che mantiene le sue promesse e che a qualsiasi impresa ci accingiamo, se la confrontiamo e la fondiamo sul Vangelo, costruiamo sulla roccia.

 
 
 


[1]       C.Lubich, Discorso, Al Collegio polacco, Roma, 11.05.'86.

[2]       Id., Scritti Spirituali/3, Città Nuova, Roma 19963, p. 55.

[3]       Id., Appunti inediti.

[4]       Id., Discorso, Al Collegio polacco, cit.

[5]       Ibid. L’espressione riportata da C.Lubich è dell’Arc. B. Pawley di Canterbury.

[6]       Id., Cercando le cose di lassù, Città Nuova, Roma 19923, p. 160.

[7]       Id., Discorso, Al Collegio polacco, cit.

[8]       Cf Id., Il Movimento dei Focolari e i mezzi di comunicazione sociale, in “Nuova Umanità” 1(2001), pp. 11-22.

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