PER UNA PEDAGOGIA DELL’UNITÀ  

Elementi introduttivi

L’unità: fin dagli albori della storia, della cultura, del pensiero, l’unità è eterna tensione che inquieta il cuore degli uomini. Dall’età dei miti si oppongono disordine e armonia, frammentazione e unità, caos e cosmo. E cosmo è armonia, unità che si fa regola, legge: l’uno che armonizza il molteplice. Certo, la molteplicità rimane sempre, ad imprimere nella realtà umana, nell’esistenza, la condizione della diversità, della separazione, del contrasto, dell’antitesi, perfino della guerra. Ma proprio a partire da questi scacchi esistenziali, sociali e culturali, da queste tragiche cesure, l’unità si pone come richiamo perenne e indelebile, come orizzonte ideale, come principio regolativo dei comportamenti individuali e collettivi.

 

Quanto desiderio di unità, a tutti i livelli, nel pensiero greco!

Unità dell’uomo, impoverito dall’originale divisione – operata da Zeus - che l’ha tagliato in due riducendolo a parte (symbolon), insinuando nell’uomo stesso l’eterna nostalgia dell’unità primordiale, il desiderio struggente della relazione con l’altro, con la parte mancante, per ripristinare l’autentica armonia[1].

Unità dell’uomo in sé e nel rapporto col mondo, implorata da Socrate: “O caro Pan, e voi altri dei che siete in questo luogo! Concedetemi di diventare bello di dentro, e che tutte le cose che ho di fuori siano in accordo con quelle che ho dentro”[2].

Unità, per Aristotele, di conoscere-agire-fare (teoria, prassi e poiein) che, interpenetrandosi, possono armonizzarsi: ed ecco manifestarsi il vero (dal conoscere), il buono (dall’agire) il bello – e anche, a volte, l’utile – (dal fare)[3].

Ritornando a Platone, egli ci regala – ancora nel Fedro - una pagina meravigliosa sul rapporto unità-educazione. Egli evidenzia i limiti del mero discorso “scritto”, che può essere parziale, superficiale, frammentario: ad esso contrappone il discorso che unifica, quello dell’educatore autentico:

 

“Soltanto nella parola dell’educatore, cioè in ciò che si scrive veramente nell’anima, intorno al giusto, al bello e al bene, c’è chiarezza, pienezza e serietà; l’educatore capisce che queste parole devono essere proprio sue, come fossero figli suoi, e sa che il discorso – se mai lo abbia trovato – egli lo porta dentro di sé”.[4]

 

Per Platone, allora, l’educatore deve “trovare” e “portare dentro di sé” il “discorso”, cioè la teoria, la sapienza interiore. Soltanto da questo “pensare coerente” egli può generare quelle “parole” (“sue, come figli suoi”) che sanno “scrivere nell’anima”, che lasciano segni fecondi, che veramente in-segnano.

Ci vuole perciò una teoria coerente, una “pedagogia una” (se ci è consentito esprimerci in questo modo), per sviluppare una prassi coerente, un’ “educazione una”.

E’ interessante sottolineare la profondissima intuizione di Platone: soltanto l’unità della pedagogia (come coerenza interna della riflessione pedagogica: il “discorso”) può provocare l’unità dell’educazione (come intima coerenza nell’agire dell’educatore: “scrivere nell’anima”).

E’ perciò molto forte, in Platone, il riferimento alla circolarità del rapporto teoria-prassi, nella stretta collaborazione tra “pedagogia” (come teoria coerente) ed “educazione” (come prassi coerente).

L’educazione, insomma, può essere via di autentica unificazione, a patto che l’educatore ne sia fedele interprete, capace di fondarla su un coerente impianto teorico. (Riprenderemo più in avanti questo discorso, vedendo come il pericolo consista nella “frammentazione-incoerenza della teoria” e nella “frammentazione della prassi”).

 
 
Unità e distinzione
 

La dinamica molteplicità-unità viva, come abbiamo visto, fin dalle origini nel linguaggio filosofico, è presente anche nel linguaggio pedagogico. Linguaggio filosofico e linguaggio religioso: due modi diversi ma non contrapposti di raccontare la condizione umana. Entrambi hanno in vario modo indicato percorsi di umanizzazione ricchi di suggerimenti pedagogici.

 

La Bibbia[5], come altri Testi sacri, è narrazione di separazioni e di rapporti, di frammentazioni e di unificazioni. In essa, però, il modello dell’unità non è una dimensione astratta e concettuale (il “cosmo”), ma è Dio stesso, concreta Alleanza con il suo popolo: Dio che, nel Nuovo Testamento, si manifesta Uni-Trinità, Comunione d’Amore.

Disgregazione e Unità, nella storia dei rapporti con Dio e tra gli esseri umani, sono rappresentate nella Bibbia da quadri evocativi di estrema efficacia.

Un quadro iniziale: Adamo ed Eva, dopo la caduta, con il serpente segno dell’iniziale separazione diabolica: non resta che nascondersi nella vergogna della solitudine. “Dove sei, Adamo?”[6] è il richiamo, religioso ed etico, all’uomo, affinché esca dalla nicchia del nascondimento, della separazione, e cammini a testa alta nel suo mondo rimettendosi in rapporto: con Dio, con l’altro, con gli altri, con la storia.

Ricordiamo poi il quadro-Babele: molteplicità di lingue (di identità, di culture….) ma reale assenza di relazione: il paradosso di una comunicazione totale priva tuttavia di comprensione, di partecipazione, di incontro autentico.

Andiamo infine all’altra prospettiva, al quadro-Pentecoste: comunicazione tra tutti come comprensione del diverso, come globale solidarietà fatta di parole vive e feconde, parole che si fanno dono, reciprocità, dialogo, comunione. Parole che sanno accogliere quello Spirito che le rende vitali e che crea qualcosa di grande, genera luce, vita, verità, appartenenza ad una Comunione.

E’ Dio in mezzo che genera, è Lui che porta all’Unità (come i raggi s’incentrano nel sole) e vivifica ogni parola generata.  

 
Per l’unità della pedagogia
 

Questa prospettiva religiosa, insomma, - fondandosi naturalmente sulla relazione col trascendente e sull’imperativo etico e sociale che ne consegue (“Ama il prossimo tuo”; “Amatevi come io vi ho amati”) – sollecita gli esseri umani a stabilire rapporti interpersonali e sociali nella direzione dell’unità.

In particolare, il Nuovo Testamento, pone come Maestro unico Gesù, che è Via, Verità, Vita, elemento unificante di Parola e Azione, di teoria e prassi, di pedagogia e educazione.

Vale la pena insistere su questo punto: in Gesù c’è l’unità di Trascendenza (Verità) e di realtà incarnata (Vita), in un cammino esistenziale (Via) che integra perfettamente Cielo e Terra, Logos e Prassi.

                                                                                                                         

Prima abbiamo accennato alla necessaria unità della pedagogia. Proprio il modello “Gesù Maestro”, che unifica in sé “Via-Verità-Vita”, può permetterci di elaborare un “discorso” pedagogico unitario e coerente. 

Nella pedagogia, infatti, si devono evidenziare tre grandi aree di indagine da armonizzare coerentemente tra loro: la Teleologia pedagogica (che risponde alla domanda: Verso dove? – Finalità dell’educazione), l’ Antropologia pedagogica (che ci dice a chi ci rivolgiamo: soggetto dell’educazione), e la Metodologia pedagogica (il “come” dell’educazione: con quali strategie e strumenti...).

 Tuttavia ci si può imbattere, oggi, in una frequente “frammentazione della pedagogia”, nel senso che la sua sostanziale tri-unità viene misconosciuta.

a.       In alcuni casi, infatti, la pedagogia trascura la dimensione “antropologica” (vita) ed esalta la dimensione “teleologica” (verità): si manifesta allora come sterile moralismo, paternalismo, verbalismo (proponendo programmi teorici, pur di eccelsa fattura, che tuttavia non si pongono in effettivo rapporto con la realtà di fatto).

b.      Altre volte, invece, la pedagogia mette a fuoco la dimensione “antropologica” (vita), con una minuziosa attenzione alla realtà psico-sociologica, ma dimentica l’orizzonte teleologico, valoriale, utopico (verità): ne nasce un attivismo piatto, inconcludente e disorientato, l’enfatizzazione di un agire privo di fondamento.

c.       In altre occasioni, dimenticando sia la condizione umana di partenza (vita) sia la tensione alle finalità (verità), la pedagogia può ridursi all’esaltazione dei mezzi, delle tecniche, delle fredde metodologie, riducendosi così a piatto didatticismo.

 

Qualsiasi progetto pedagogico, insomma, deve tener conto della “molteplicità” di direzioni teoriche che lo devono fondare (antropologia-teleologia-metodologia), valorizzando al massimo ciascuna di esse e – nel contempo – armonizzandole coerentemente in un sapiente gioco di unità. Sta proprio qui, allora, l’unità della pedagogia.

Questa “unità dell’impianto pedagogico” (unità del “discorso”; unità della pedagogia) la troviamo in molti dei grandi pedagogisti, ma la riscontriamo certamente anche negli scritti di Chiara. In essi ci sono costanti richiami alla necessità di assumere la Realtà nella sua concretezza (es. situazioni di disagio; difficoltà di relazioni interpersonali-sociali...), di orientarla verso la Finalità (l’unità della famiglia umana)e di usare il Metodo, la via più efficace verso tale meta (Arte di amare). Anche il vivere la Parola della Scrittura traducendola in vita, può essere considerato un valido strumento educativo proprio per questa continua ricerca, come coerenza, dell’unità teoria-prassi.

 
 
Per l’unità dell’educazione
 

 L’altro aspetto che dobbiamo considerare è quello che ho definito “unità dell’educazione”, cioè “unità come frutto dell’agire educativo”, “unità provocata dall’educazione”.

 

 Numerosi sono gli elementi sui quali si basa l’ “unità dell’educazione”, tra cui:

 

1       il rapporto educativo come relazione reciproca Io-Tu, che riconosce l’altissima dignità del Tu, visto come soggetto unico irripetibile (apporti vari dalla pedagogia tradizionale, ma specialmente da filosofi come Buber, Mounier, Lévinas, Derrida, e dal pedagogista brasiliano Paulo Freire, che ha proposto un’educazione capace di superare la dicotomia oppressore-oppresso di condurre alla dimensione umanizzante del dialogo)[7]. Per Chiara, come abbiamo potuto intuire in questi giorni, la relazione educativa è icona del rapporto trinitario: è l’Amore che nello stesso tempo unisce e distingue; 

 

2       unità del corpo sociale attraverso l’esperienza dell’educazione come democrazia in atto, capace di coinvolgere ciascuno come protagonista nella costruzione del “noi[8]. Pensiamo ad esempio ai contributi – tutti in vario modo rilevanti in una prospettiva di Pedagogia sociale – di Pestalozzi, S.Giovanni Bosco, Dewey, Freinet, Don Lorenzo Milani, Freire….etc.[9] e all’esperienza del Movimento dei Focolari con quella che viene definita “Spiritualità collettiva”: all’interno di questa prospettiva comunitaria si costituiscono le possibili alleanze educative (famiglia, scuola, istituzioni, gruppi...) capaci di evitare la frammentazione;

 

3       educazione come consapevolezza delle relazioni di interdipendenza a tutti i livelli e come dimensione aperta all’interculturalità (Pedagogia interculturale) nella prospettiva della mondialità e della pace;

 

4       educazione come ricerca dell’unità uomo-ambiente (prospettiva ecologica);

 

5       la concezione della conoscenza come incontro tra discipline, dialogo dei saperi (interdisciplinarietà – transdisciplinarietà)[10];

 

6       educazione come esperienza di collaborazione e unità nei e tra i vari ambiti dell’attività umana.

 
 
Scienze ed educazione in dialogo
 

A proposito di questa collaborazione interdisciplinare, vera espressione di molteplicità-unità, possiamo dire che:

 

1.                        ogni ambito di ricerca e di esperienza umana ha bisogno dell’apporto dell’educazione e, perciò, della riflessione pedagogica;

2.                         

3.                        i vari ambiti di ricerca e di esperienza offrono contributi-conoscenze-metodologie utili alla pedagogia e all’educazione.

 

(Un esempio di questa reciprocità-interpenetrazione tra ambiti lo troviamo, in sintesi, nella collaborazione tra l’Inondazione della Pedagogia e le altre Inondazioni).

 
 
 
 
 
Giuseppe Milan


 

 

[1]           Platone, Simposio

 

[2]           Platone, Fedro

 

[3]           Cfr. G. FLORES D’ARCAIS, Figure di pedagogisti. Aristotele, in ID. (a cura di), Nuovo dizionario di Pedagogia, ed. Paoline, Roma 1982, pp. 913-914;

 

[4]           (Platone, Fedro).

 

[5]          Qui ci soffermiamo sul Testo sacro che più ci riguarda; dovremmo, in realtà, confrontarci anche con i Testi sacri delle altre grandi religioni, anche per individuare i molteplici elementi fondanti comuni e “trans-religiosi” (“Semi del Verbo”).

 

[6]           Genesi, 3,9

[7]           Tra le numerose opere degli autori qui citati ricordiamo le seguenti:

M. BUBER, Il principio dialogico e altri saggi, Ed. San Paolo, Milano 1993; E.MOUNIER, Manifesto al servizio del personalismo comunitario, Ecumenica Editrice, Bari 1982; E. LÉVINAS, Umanesimo dell’altro uomo, Il Melangolo, Genova 1985; J. DERRIDA, Addio a Emmanuel Lévinas, Jaca Book, Milano 1998; J. DERRIDA, Sull’ospitalità, Baldini & Castaldi, Milano 2000; P. FREIRE, La pedagogia degli oppressi, Ed. Gruppo Abele, Torino 2002.

 

[8]           Cfr. T. SORGI, Costruire il sociale. La persona e i suoi “piccoli mondi”, Città Nuova, Roma 1991; P.A. SOROKIN, Il potere dell’amore, Città Nuova, Roma 2005

 

[9]           Ricordiamo le seguenti opere:

E. PESTALOZZI, Leonardo e Geltrude, La Nuova Italia, Firenze 1968; S.G. BOSCO, Il metodo preventivo, La scuola, Brescia 1954; J. DEWEY, Democrazie e educazione, La Nuova Italia, Firenze 1949; C. FREINET, Nascita di una pedagogia popolare, La Nuova Italia, Firenze 1955; L. MILANI - SCUOLA DI BARBIANA, Lettera a una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1967.

 

[10]         Cfr., su questa tematica: E. MORIN, La testa ben fatta. Riforma dell’insegnamento e riforma del pensiero, Raffaello Cortina ed., Milano 2000; ID., I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Raffaello Cortina ed., Milano 2001.

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Tesi di laurea

Sono numerosi gli studenti che hanno scritto e discusso tesi di laurea dando un loro contributo al comune cammino di ricerca mondiale per una "pedagogia dell'unità".

Nella sezione "Studi e ricerche" stiamo pubblicando brevi sintesi di questi lavori e chiederemmo a tutte e tutti coloro che lo desiderano di inviarceli (con eventuale recapito mail per prendere contatti).